INTERVISTA A MICHELE PINTO,
AUTORE DELLA WEB-SERIE
La narrazione digitale applica nuovi schemi di
racconto ed un gusto figurativo assolutamente originale, e
sperimenta una estetica inedita intrecciando la sci-fi col cinema di ricerca.
Ce
ne parla il creatore di Morpheus Ergo, casa di produzione che si fa strada
nel mondo della Rete. E non solo.
Che in Puglia l’audiovisivo non sia solo la farsa di aleatico
e tarallucci, demenzialità e battute dialettali spinte, lo sta dimostrando Michele
Pinto. La sua ultima creatura, Bishonnen,
riscuote consensi praticamente ovunque, dal FI. PI. LI. Horror Festival di Livorno, al
Fantafestival di Roma, fino alla recente menzione speciale ottenuta al Campi
Flegrei Web Festival.
Un assaggio della originalissima serie lo si può avere qui: http://www.youtube.com/watch?v=yu81xlFCXD4&list=PLJjoP0NaVcNwbUEiG3AU0IjZYM-xdvcrf&index=4
Le puntate di Bishonnen
offrono uno sguardo praticamente unico sul mondo di rovine che lascia la fine
di un amore, uno scenario distopico che diventa quello di un intero universo
agonizzante e post-apocalittico, che però non si arrende e cerca la sua ferale vendetta
sul prossimo. Pinto esplora i fenomeni predatori dell’uomo ed il suo rapporto
perverso con la donna attraverso il genere fantascientifico, talora indugia in
sequenze di non facile comprensione, ma il più delle volte realizza vere e
proprie sinfonie visive, frammenti lirici duri e spietati, uno spaccato goticheggiante
su una umanità violenta e decadente che colpisce lo spettatore più duro di un pugno
nello stomaco.
Abbiamo incontrato
MICHELE PINTO e gli abbiamo rivolto alcune domande sulla sua felice esperienza nel
web.
Raccontaci di cosa parla Bishonnen.
Nonostante la mia webserie si
presenti con un look molto cupo, aggressivo e oserei dire “steampunk”, parla
semplicemente di ciò di cui l’uomo narra da migliaia di anni: l’amore. Bishonnen
analizza il delicato equilibrio nelle relazioni uomo-donna attraverso un
viaggio nelle dimensioni del ricordo, del sogno, dello spazio e del tempo raccontando
l’ossessione del protagonista che vorrebbe riavere indietro la propria donna a
tutti i costi e giunge persino a piegare le stesse leggi della fisica per
farlo. Lo fa davvero? E’ frutto della sua immaginazione? Non importa, è lo
spettatore a stabilirlo, l’importante era denunciare un fenomeno preoccupante
in Italia che è quello dello stalking ai danni delle donne attraverso un taglio
narrativo originale: quello fantascientifico.
Bishonnen tra l’altro adotta una
tecnica narrativa molto originale: ogni singola scena è narrata in maniera
ambigua presentando così molteplici significati. E’ un modo ancora più
interattivo e meno passivo di proporre la fruizione al pubblico. E’
quest’ultimo che deve cogliere tutti i livelli narrativi previsti dall’autore
ma anche quelli non previsti! Lo stesso ordine di fruizione delle puntate può
essere variato consentendone così una comprensione sempre diversa. In Bishonnen
ci sono un mare di argomenti (io m’interesso di tutto, sono eclettico per
natura) religione, filosofia, fisica e molta importanza è data ai simboli ma
non vi svelo di più.
Come è nata l’idea del progetto e
quanto tempo hai impiegato per scrivere gli episodi?
Due anni fa eravamo reduci (io e il
mio produttore Felice Caiati di MORPHEUS EGO) dal successo di un’altra webserie
( CHIAMAMI la prima Made in Puglia) giunta persino a conquistare la TV. Avevo
voglia di raccontare qualcosa che non appartenesse alla commedia (genere troppo
inflazionato a mio parere in Italia), bensì al filone fantascientifico di cui
sono fan accanito. Avevo un’idea di base scritta 5 anni fa e tenuta nel
cassetto, che decisi di adattare un po’ a quelli che sono i casi di cronaca
divenuti ormai vero bollettino di guerra quotidiano, ma soprattutto mixando il
tutto con alcune vicende personali (i marchi di fabbrica in questo senso sono
il girasole, la chiave e la valigia, elementi che si ritrovano in ogni episodio
con significati sempre diversi).
Quali sono state le maggiori difficoltà nella stesura delle sceneggiature
della serie on line?
Non è facile fare del cinema in
Italia, soprattutto se non hai un cognome importante, in Puglia lo è ancora di
più, figuriamoci se scegli il registro fantascientifico. Sei tagliato fuori da
qualsiasi circuito di fruibilità e di finanziamento. La fantascienza
soprattutto da noi è stato sempre considerato un genere di serie Z. Io da
collezionista di fumetti (ne posseggo circa 20000) ho sempre ritenuto che in
realtà la fantascienza sia la mamma della scienza e del progresso umano. Si
pensi a visionari come Jules Verne o Jen Roddenberry. Il futuro come loro lo
avevano ipotizzato a distanza di anni si è sempre materializzato, se oggi la
maggior parte di noi usa un cellulare è stato anche grazie all’impulso creativo
dell’inventore di Star Trek che ha immaginato un futuro in cui gli umani
comunicassero con uno strumento personale come il trycorder che consentisse loro di fare una miriade di cose diverse
proprio come i moderni smartphone.
La fantascienza poi ha questo potere
di riuscire a dare ancora fascino a storie semplici e magari stra-abusate, dal
punto di vista narrativo, ponendole però sotto i riflettori di guerre
interdimensionali, attacchi alieni ecc.
Sei soddisfatto del girato oppure avresti voluto realizzare qualcosa in
più? Ti sei preso qualche libertà rispetto al testo iniziale?
Molto soddisfatto del girato, meno
soddisfatto del mercato della tecnologia e di come tutti questi neoregisti
dell’ultima ora corrano dietro ai falsi miti dell’HD.
Alcuni episodi non sono stati girati
in HD perché mi piace sperimentare ogni volta tecniche nuove (nel secondo
episodio ad esempio per spiegare alcuni principi di fisica mi sono affidato
all’animazione in stop-motion) ma in generale non ritengo che l’uso dell’alta
definizione sia la discriminante per garantire il successo di un prodotto
filmico. Vedo colleghi ossessionati dai formati di più recente uscita, c’è chi
ora sta inseguendo come un disperato il formato 4k (siamo schiavi del mercato e
di tutto quello che ci invitano a comprare)ma in realtà è la storia e il modo
in cui la si recita o la si gira a definirne il successo. Per assurdo potremmo
girare anche in VHSC e creare qualcosa di veramente unico.
Con che mezzi hai fatto le riprese’ Ti sei trovato bene con
l’attrezzatura digitale?
Io uso una Panasonic AGDVX 200 che
registra su scheda p2. Per alcune riprese ho testato anche la canon 5d (del mio
direttore della fotografia) ma non mi ci trovo granché bene. Innanzitutto
perché anche dal punto di vista ergonomico oltre che funzionale (vedi logorio
dell’otturatore) la macchina fotografica dovrebbe fare la macchina fotografica
e la telecamera dovrebbe fare la telecamera. In secondo luogo a me pare che
tutta questa diffusione di 5d e affini sta appiattendo il look dei lavori
filmici. Fateci caso: molte delle webserie in circolazione hanno tutte la
stessa color correction. Io invece ho sempre mirato all’originalità.
E’ stato difficile adeguarti, come sceneggiatore e regista, al formato
delle web-series? Che differenze esistono tra l’estetica digitale e il
linguaggio cinematografico e televisivo?
Ero reduce dal successo di Chiamami, che è andato ben oltre le aspettative
e quindi ormai perfettamente sintonizzato su tutti quelli che sono i codici e
le regole della fruizione in rete di prodotti audiovisivi. La cosa che
differenzia di più internet da cinema e tv sono appunto i minutaggi, le durate.
I prodotti pensati per la rete si sa quando iniziano a superare i sei minuti
diventano inadatti per il pubblico degli internauti. Da questo punto di vista
questo limite è una risorsa perché tu autore puoi concentrarti meglio su quel
poco tempo che hai a disposizione cercando di garantire un prodotto di qualità.
Per quanto riguarda il fattore
estetico invece ormai tutte le vecchie barriere del look che rendevano il
cinema quasi irraggiungibile prima, son state abbattute e i video in internet
ora si presentano tutti molto contrastati, con una bella pasta cinematografica
resa appunto dalle nuove ottiche che consentono messe a fuoco acrobatiche su
oggetti a poca distanza l’uno dall’altro ecc.
Perché secondo te il mondo della serialità digitale è ancora così poco
sfruttato dai network così come dalle aziende italiane?
Sarò un po’ cinico nel parlare ma si
tratta solo di ricambio generazionale.
Gran parte della popolazione italiana
ha superato i 70 anni e non ha confidenza con internet e le nuove tecnologie
digitali. Per questo molte delle produzioni filmiche nel nostro paese sono
fruite in TV , che resta ancora uno strumento di aggregazione sociale forte.
Più in là (meno di 10 anni) la televisione
dovrà fondersi con la Rete se non vorrà soccombere completamente.
Dal punto di vista produttivo che cosa significa oggi essere un film
maker a Bari? La regione Puglia dà qualche forma di aiuto?Le istituzioni
incoraggiano l’audiovisivo?
Beh si la mia precedente webserie Chiamami è stata finanziata attraverso
un bando regionale e del Ministero delle Politiche Giovanili, ma ancora molto
occorre fare. Ad esempio fare una cosa folle: aiutare di più gli autori meno
noti ma autoctoni piuttosto che regalare soldi ad autori dai nomi “altisonanti”
che vengono a descrivere noi pugliesi come delle macchiette.
E poi altra cosa folle sarebbe
slegare completamente il discorso dei contributi da quella che è l’appartenenza
politica degli autori richiedenti. Ah ah ah ah ma questa sembra più una
barzelletta.
Hai altri progetti nel cassetto?
Si intanto proseguiamo con Bishonnen, che vi garantisco vi stupirà
ancora tanto e poi ho scritto di recente un soggetto per un cortometraggio
Horror che vorrei girare l’anno prossimo, ma che oltre ad intrattenere faccia
riflettere. Considerando il genere sembra strano da dire, ma in generale non
concepisco il cinema solo come intrattenimento. Un film deve soprattutto far
riflettere, altrimenti per cercare di cambiare le cose nella società avrei
fatto il medico, lo scienziato…il politico…
Tutti gli episodi
finora pubblicati di Bishonnen sono visionabili sul sito www.bishonnen.it ed è ufficialmente online su
Youtube la prima puntata della seconda stagione.
PS: Per chi fosse
incuriosito dal termine, Bishonnen è la storpiatura di un sostantivo giapponese
che indica “una persona che si oppone con tutte le sue forze al destino avverso”.
In altre parole, nella serie, Bishonnen è un amore
così ossessivo che giunge a plasmare lo spazio-tempo pur di piegare gli
eventi a favore del protagonista.
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